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Faust, frammenti parte seconda - 1990-91

autore: Johann Wolfgang Goethe
traduzione: Giorgio Strehler, Gilberto Tofano
regia: Giorgio Strehler
scene: Josef Svoboda
costumi: Luisa Spinatelli
musiche: Fiorenzo Carpi, Aldo Tarabella
    


Lettera allo scenografo del Faust del 1990

Lettera a Joseph Svoboda con indicazioni registiche sul disegno tecnico della struttura del Faust Frammenti parte seconda

Caro Joseph,
Con Henning, ti invio questa lettera lunga e difficile ma che può servire al nostro lavoro sul Faust II. Inutile dirti le mie preoccupazioni e le mie paure. Nonostante si tratti solo di “frammenti” essi però bastano per costituire lo spettacolo più difficile della mia vita. E se fosse l’ultimo? Non ho lavorato molto, in questi giorni: troppa stanchezza. Ma qua e là a qualcosa ho pensato. Sono tutte cose incerte, brandelli di intuizioni o di idee. Pochissime certezze. Del resto il mio metodo mentale che è dialettico all’estremo, mi porta sempre a rivedere ogni gesto, ogni parola, ogni atto da diversi punti di vista, sperando poi di trovare il più giusto momentaneamente.
Secondo me, non esistono nell’arte del Teatro sicurezze ma solo proposte.
Riprendo, per prima cosa, il disegno tecnico della struttura del Faust Frammenti parte seconda.
Anche qui: la scelta di questa linea, di questi frammenti e non di altri è del tutto discutibile. Ma è una scelta coerente, logica e possibile. Ben sapendo che il Faust non si dovrebbe fare “a pezzettini”, fanno parte di un piano generale che li unirà tutti in un enorme spettacolo coerente e totalizzante. Quando ciò avverrà e come, non lo so. Non so nemmeno se le forze e l’età reggeranno a tanto!
Dunque Faust frammenti parte seconda:
 
I giornata
Prologo: Anmutige Gegend
Kaiserliche Pflatz (è diventato un luogo solo con situazioni diverse)
            I            Intermezzo Mefistofele Faust
            2            Consiglio e ballo
            3            interruzioni dei ministri
            4            festa con apparizione Elefante-Allegoria Pluto
            5            Pluto - Adolescente poeta
            6            distribuzione denaro
            7            apertura elefante ed uscita oro
            8            crogiolo - Mefistofele - Avaro
            9            cartamoneta e finale
 
II intermezzo (Hell erleuchtete Säle) che diceva un intermezzo, davanti al sipario delle Madri (die Mutter)
controspirale nera scende
controspirale cade, Faust in scena.
Partenza Mefistofele Faust per la Grecia (manca tutto il laboratorio Homunculus ecc.)
 
Valpurga classica:            A            Erichto - Farsaglia
arrivo Mefistofele - Faust in Grecia / Farsaglia
            b)            Le Sfingi
            c)            Peneio (am unten Peneios)
            d)            Chiron
            e)            Manto (taglio)
            f)            Tragedia greca - palazzo di Menelaos (vor dem Palaste des Menelaos zu Spart)
            g)            Castello (innere Burghof)
 
II giornata
Prologo - Mefistofele!Phorkyas (come narratore tra il pubblico - episodio raccontato/Euphorion)
addio Elena Faust (Elena lascia il vestito di velo nelle mani di Faust)
Alta montagna (lettura, in parte)
Guerra (arrivo Imperatore - ecc.)
            a)            incontro Faust/Mefistofele
            b)            posizione in alto imperatore ministro ufficiali posizione in alto Faust e Mefistofele
            c)            battaglie (4/5?)
            d)            Fnale (tenda antimperatore - spartizione poteri imperatore ministri)
Filemone e Bauci (Die Linden)
 
atto quinto            Palast (la scena è unica con situazioni diverse e luce diversa con piccole modificazioni)
            a)            Zier garte, Grosser, gradgefuhrter Kanal
            b)            Tiefe Nacht
            c)            Mitternacht
            d)            Grosser Vorhof des Palast
            e)            Grablegung
 
Berg Schluchten
 
Ripensamento generale: La spirale-infinito-Cosmo è un gesto così definitivo e totale da non consentire alcun uso diverso (come oggetto di scenografia).
La spirale è l’infinito universo totalizzante ed intoccabile che sovrasta l’opera di Goethe. La tua intuizione è assoluta e come tale assoluta netta.
Può sopportare certamente di diventare, nello spettacolo, diversi “infiniti” l’immagine dell’infinito come lo vede l’uomo cioè come una specie di “cielo” con il suo variare a notte a giorno, albe, tramonti, senza per questo perdere il suo essere cosmico, simbolo globale.
Non può però diventare “oggetto utilitaristico”. In questo senso io credo che quando tu hai pensato alla “spirale” che si potrebbe (se ci fosse potuto) muovere, inclinarsi, abbassarsi durante lo spettacolo, hai pensato ad un errore. Solo avendo il coraggio di accettare la “fissità”, imperturbabile formalmente della spirale, le si concede il valore che ha.
Naturalmente ciò pone problemi, già nella prima parte e tanto più nella seconda.
La spirale è stata già toccata nella “Cucina della Strega”, con luci da discoteca in movimento.
In nessun altro punto.
C’è una giustificazione a ciò oltre la “necessità” di fare lo spettacolo? Forse sì, forse no. Comunque oggi o si elimina anche nella parte prima “l’uso” o lo si lascia ma molto più deciso. Cioè in “quel punto” veramente si distrugge in un certo senso, l’assoluto della spirale con un gesto più decisivo. Una sola volta.
È comunque un gesto gravissimo, secondo me e può voler dire o dover dire, una sola cosa: l’avvilimento del tutto in un mondo senza infinito, a livello bestiale.
In questo senso nella II Parte si potrebbe distruggerlo ancora una volta sola: nella guerra. Atto bestiale di per sé. Facendo diventare l’infinito: “videogames”, centrale di guerra atomica ecc. ecc.
L’infinito cielo viene violato dalla tecnologia, radars, laser, segnali, missili, guerra interstellare ecc. Cioè viene violato dalla scienza di Mefistofele e per uso perverso non umanistico.
Qui potrebbero anche apparire e sparire le proiezioni “fantastiche” disumane – diaboliche di Mefistofele, nebbie, onde, eccetera.
Ma niente altro. La spirale non può essere mai più usata né prima né dopo, non può diventare soffitto del Palazzo dell’imperatore non i Tigli di Filemone e Bauci, eccetera. Hai visto che “persino” le stelle che potrebbero apparire dentro la spirale, disturbano. Sono sopportabili solo le “stelle geometriche” delle luci di sala, all’inizio.
Da qui, però, mi è nata una idea quasi certezza nel buio delle Gole Montane (ultimo quadro) capitali per il Faust e che io non ho ancora il coraggio di affrontare.
Alla fine – fine per la prima ed unica volta – la spirale si muove.
E può lentamente scendere, allungarsi invadere con l’infinito il teatro, avvolgere di infinito il corpo nudo di Faust che giace al centro della sala, spogliato di tutto, in posizione fetale, un nulla.
L’ultima immagine dello spettacolo è la spirale infinita che ha assorbito “dentro di sé” Faust: feto/embrione/in un Tutto azzurro e sfumato, mentre la luce scende in un suono cosmico. Forse lo stesso del Prologo parte Prima.
Come realizzarlo tecnicamente è un problema difficilissimo ma possibile.
Soprattutto pensando che la controspirale nera/infinito in negativo, è nella Prima giornata. E che quindi, per la Seconda, si può preparare sullo stesso “Zug” in modo diverso, la continuazione della spirale grigia. Ti prego pensaci. L’idea mi sembra affascinante anche se non risolve il “prima” cioè tutto l’ultimo quadro, il più bestiale problema del mondo.
Da tutto ciò nasce la considerazione che:
            a)            la spirale non può giocare nel palazzo dell’Imperatore, né in Filemone e Bauci e così via.
            b)            che è necessario pensare le cose diversamente.
 
Riprendo lo schema dei Faust Frammenti parte II.
I) Prologo – cielo – nuvole – il sole che sale – l’acqua come nel primo prologo. Ho eliminato tutto: ninfee, erbe e altro.
Ma resta il problema delle nuvole in basso e in alto. Teoricamente.
Possono essere le stesse del primo Prologo, senza gli angeli. Ma io devo dirti che “quelle” nuvole non mi sono mai piaciute così come sono state fatte, così come risultano. Certo, con luce e fumo si nascondono molte cose. Ma non sarebbe questa l’occasione per fare un fondo di nuvole e cielo migliore.
In più; c’è il problema “montagne”. Secondo me possono esserci con due segni decisivi, in controluce, a destra e a sinistra ma possono anche non esserci. Comunque è un problema da risolvere. E c’è il problema tecnico-poetico dell’Arcobaleno. Questa immagine del destino dell’uomo, della vita umana ha una grande importanza. Deve essere visto e capito, da un certo punto fino alla fine del prologo. Dove e come?
 
Palazzo dell’Imperatore: prima c’è un intermezzo brevissimo messo da me tra Mefistofele e Faust che si “preparano” per la scena in maschera. Faust con la maschera e il turbante di Pluto, Mefistofele con quello del Buffone di Corte. Poi escono. Buio e di colpo: musica del grande valzer/entrée di tutti, del trono eccetera.
Propongo: davanti al sipario rosso semplice (il solito) che è in questo momento chiuso, cala un grandissimo sipario dipinto perfettamente (vedi esempi a e b. Meglio l’a con l’aquila o altro). Questo è un sipario di teatro d’opera che oltrepassa i portali, prende tutto il fondo del teatro, cancella il resto. Viene portato il trono – cassaforte. Ma in proporzioni diverse, pensato per il Teatro Studio e per la situazione. Forse è una cassaforte d’oro che si apre e che ha proporzioni più giuste, che è un importantissimo oggetto, brillante, meraviglioso ma che nasconde il niente.
Il problema in questo caso è il resto. La proiezione sul pavimento non funziona. Disturba tutta la massa dei cortigiani vestiti. Porta un che di fantastico che non deve esserci.
Qui, bisogna avere una trovata e soprattutto, sempre bisogna essere coerenti con la prima parte e lo stile dello spettacolo.
Esempio: se al posto delle finestre gotiche della chiesa della prima parte, si mettessero dalla parte opposta con la stessa tecnica finestre rinascimentali con vetri colorati o no, rettangoli di luce, di finestroni di palazzo imperiale? Ripeto è un esempio. Ma bisogna inventare in questo senso. Ad un certo punto la parte centrale del sipario si apre all’imperiale e appare l’ALLEGORIA DELL’ELEFANTE.
L’elefante scende, scena con l’Adolescente Poeta. L’elefante si sventra ed esce l’oro. L’oro cade in un crogiolo (la trappe** che si è aperta e che è piena d’oro e di luce e ribolle) Mefistofele si butta dentro e modella, ridendo, il FALLO D’ORO. Tutto esplode.
l’elefante è sparito, la trappe chiusa, la scena ricomposta. Carta moneta. Ballo riprende, cadono dall’alto migliaia di biglietti di banca come fossero coriandoli a Carnevale.
Intermezzo: portano i leggii o un leggìo, scopano via la carta moneta rimasta a terra. Azione importante, nel semibuio. Poi escono del sipario rosso nostro (il sipario imperiale è salito via nel buio) Mefistofele e Faust. Ad un certo punto cade con un lampo terribile la CONTROSPIA NERA coprendo Faust, nel mezzo. Qui, cosa succede? Non lo so. Poco. Il silenzio. La scena che non è stata scritta. Un suono? Poi con un altro lampo, la spirale cade a terra con la trappe aperta. Faust è all’orlo della trappe, svenuto.
Qui ho dovuto aggiungere una battuta a Mefistofele, prendendola dalla scena con Homunculus. In pratica Mefistofele dice: è tornato! Dorme! Sogna. Sogna boschi, acque, splendide donne nude, cigni. Se si sveglia gli prende un colpo, qui! Ho un’idea: stanotte in Grecia, a Farsaglia ha luogo la Notte della Valpurga classica. Devo portarlo là. Forse là, Elena la trova. Il mondo classico fa per lui. A me, non dice niente. Non hanno fatto niente i Greci! Però abbagliano con il libero gioco dei sensi ed i cuori degli uomini inducono a lieti peccati! In confronto ai loro, i nostri sembrano così tetri! Via, si veleggi verso la Grecia.
Qui, Mefistofele potrebbe levarsi la veste nera da Mefistofele, ed apparire con una veste bianca da Valpurga classica e gettare la veste-mantello nera nella trappe aperta, come nel primo atto. Dalla trappe potrebbe uscire, un’altra volta, un pallone, lentamente. Ma bianco e senza cesta sotto solo una piattaforma con drappi bianchi classici o qualcosa del genere. Su questa Mefistofele spinge (??) Faust lo copre di bianco e al suono di una musica (quale? di che tipo?) il pallone ed i due salgono, per il viaggio verso il mondo classico. Buio.
Valpurga classica: è un problema generale che mi angoscia. Ci deve essere una “unità” in questo “sogno classico” che finisce con la tragedia di Elena. È un sogno classico di Goethe ma anche della civiltà europea, questo “ritornare là”, questo fondersi con il classico che ci sta dietro, questo portare qualcosa per prendere qualcosa. Goethe ci dice che la nostra civiltà è soltanto la fusione di questo Nord/Sud che è la nostra storia e che solo l’equilibrio impossibile di questi due mondi/miti/culture/sangue, dà un senso all’“uomo europeo”.
Per questo tagliare o lasciare da parte “qualcosa” di questo sogno è delittuoso. Ma l’ho fatto però almeno la linea profonda ho cercato di segnarla. Essa sarà poi arricchita come deve essere e completata. Ora questa “linea” primitiva ma legittima e chiara, ha situazioni e atmosfere diverse (diversi accenti del classico) ma tutte legate ad un unico sogno.
Per ora, io non riesco a trovare se non qua e là, l’unità ed i particolari. Ma sento chiaramente il problema.
Ad esempio quello musicale: tutta la Valpurga classica ha “musica” ma non “incisa”, live, popolare, antica, anche con l’equivoco inevitabile del classico per noi, oggi dal punto di vista musicale.
Altro esempio: è colorata, è luminosa, deve apparire vera e sognata. Ma come figurarla plasticamente con la semplicità necessaria, con la simbolizzazione utile e giusta e nelle condizioni tecniche del teatro. Con i mezzi che ha?
La tua indicazione delle Sfingi appariva e mi appare giusta. Una “silhouette” sotto la luna che invade, con l’ombra, anche la platea. Ma il modello che ho fatto fare non ha funzionato in scena. Certo, le proporzioni erano sbagliate, le posizioni e la materia anche. Purtuttavia mi sono spaventato. Anche se sono convinto che la strada è quella. Ma Erichtos (Farsaglia, il campo di battaglia delle mille battaglie tra dittatura e libertà? La prima immagine “classica?”. Come e con quali mezzi e con quale tempo di cambio?
Poi, le sfingi più o meno come le hai indicate ma meglio.
Poi, Peneio, il fiume e le Ninfe. L’esperimento dei veli può funzionare. Non come è stato fatto con il materiale della Tempesta ma come idea. Bisogna però adesso strutturarla, studiarla e trovare il colore. La materia mi sembra quella, l’unica. Ma si può fare di più e meglio.
Io, come Faust, a piedi nudi, con una veste bianca leggera, in mezzo alle onde mentre nuotavo mi sentivo bene. Pare che fosse anche una immagine poetica.
Poi Chirone. L’esperimento per ora è fallito. Non ho provato il cavallo al galoppo, ma la figura di un uomo di profilo (Carraro) ed io accanto non funzionava. Non sapevo come vestirlo, come truccarlo. Insomma non andava. Fare “il Centauro” mitico in movimento, eternamente in corsa è, mi pare, impossibile. Cercare l’immagine classica del “Centauro” è altrettanto impossibile. E d’altra parte è possibile diversamente? Nel nostro immaginario collettivo il “Centauro metà uomo/metà cavallo” è chiaro esiste, come archetipo.
Ad un certo punto ho immaginato di vedere là, in mezzo alle acque, una figura “non classica” ma straordinaria: una figura di un attore che fa il fantasma nel kabuki giapponese. L’immagine è stupenda in sé.
Ma perché? E dopo? Quando dialoga con Faust come un vecchio professore che demistifica le “storie classiche”? Perché lo straordinario è che Goethe nel momento in cui esalta il “classico che è in noi” lo fa distruggere rendendolo quotidiano da Chirone. Lui, i classici li ha vissuti! Non sono, come dicono i professori, gli esteti e forse nemmeno i poeti e gli artisti. O forse solo loro riescono qua e là a darne un’idea!
Può un attore “giapponese” una immagine sacrale di un’altra cultura parlare così? Certo no.
Allora ho pensato in un momento di follìa che le acque si acquietino, cambia la luce; Chirone si leva la maschera/trucco/parrucca del kabuki o altro e diventa un professore, il “professore”, il maestro di oggi, vecchio saggio e ironico che distrugge con tristezza ma con umanità i miti dell’allievo Faust (che è fra parentesi un vecchio signore anche lui che fa il giovane allievo). Tentare una trasformazione in un’altra atmosfera ambiente? I due vicini, seduti. Il professore fuma, ha gli occhiali che pulisce con un fazzoletto. L’allievo gli sta seduto su uno sgabello davanti e gli fa domande. Il maestro spiega. L’allievo lo ammira ma non crede a tutto. Il vecchio lo consiglia di pensare di più alla salute. L’unica cosa che conta veramente: essere vivi, in buona salute con la macchina che funziona. E di nuovo tutto scatta nel tempo e ritorna la calvacata magica nel fiume. Sono arrivati. Faust è solo. Chirone parla da molto lontano come un’ombra.
Poi Manto; la botola aperta, un buco tragico da cui esce poco fumo e bagliori rossastri. Manto è una zingara illustre. Vedere la Sibille di Michelangelo per esempio.
Ma “il classico” dove sta? Dove i templi, dove le rovine classiche che per noi sono “il classico”? Dove c’è, questa rovina classica, un poco intellettualistica che regge la Valpurga classica?
Poi, dopo un buio, il Palazzo di Menelao. La tragedia greca.
Il metodo provato non funziona. I tre elementi in scena non dicono niente. Sono troppo scenografia normale, troppo ovvio.
Qui, bisogna avere una Grande Idea. Forse l’idea dell’azzurro per la tragedia è errata. Non so. Forse lame di sole entrano da invisibili finestre (come per il Duomo, come per il Palazzo dell’imperatore) e c’è un fondo di ombra da cui emergono i resti delle colonne. Tutto dev’essere meno “finta Grecia”, meno spettacolo finto ad Epidauro o Siracusa. Veramente non so ancora. Ho infinite preoccupazioni plastiche e sonore.
Infine il Castello. Nonostante tutto è un lampo. È un incontro non ancora risolto dei due Faust/Nord-Elena/Sud. Certo, il luogo non può essere il palazzo di Menelao ma che sia un “Castello normanno”, non so. Mi sembra infantile, dimostrando al popolo perché capisca.
Bisogna trovare l’emblema giusto, l’immagine giusta. O nessuna immagine. Sono Faust, in armatura, maglia, elmo tutto d’oro e barbarico e Elena tutta velo e capelli e azzurro che si abbracciano a “fare la scena” al centro del teatro? Buio lentamente. Fine Iª giornata.
 
II giornata (Il Teil)
 
“La tragedia di Elena” naturalmente è stata resa più corta (ed anche in una edizione del Faust II Parte più completo, in futuro, dovrà essere tagliata). Per ora, essa è l’ossatura della Tragedia, forse troppo dura troppo rapida ma sufficiente a dare una precisa “idea poetica” di cosa è il “terzo atto” di Elena. Dal punto di vista linguistico il tentativo di far recitare in greco antico, in versi, in tedesco e italiano è tutto da verificare ma come “idea” è folgorante. Il risultato non lo conosco ancora, solo le prove, i tentativi diranno cosa è possibile e cosa no.
Così il “Cortile del Castello” esiste solo come indicazione di luogo e di azione ma come testo non c’è e non c’è una parte importantissima dell’originale di Goethe. È del resto la questione “Arcadia” una delle più impossibili da realizzare. Tutta la “guerra” per difendere Elena l’incontro, l’incoronazione di Elena, le rime eccetera, la nascita dell’Arcadia costituitscono un capitolo che si dovrà affrontare più tardi ma non so come. È del resto chiaro che con questi frammenti della II parte arriveremo a rappresentare circa 7000/7300 versi dei 12.111 del tutto. Dunque più di metà. Allo stesso tempo è poco ed è moltissimo.
Non potevo però cancellare Euphorion come ho fatto con Homunculus. Tutto il “tema Homunculus/Wagner/Baccalaureus/Galatea/il mare/Sirene/Talete/Anassimandro eccetera, costituirà il primo nuovo inserto della II parte nell’anno successivo. Per il “tema Euphorion” ho adoperato un espediente scenico legittimo, spero. Nel testo originale, ad un certo punto, “Der Schauplatz verwandelt sich durchaus. An eine Reihe von Felshölen u.s.W... E Mefistofele/Phorkyas racconta al coro delle ancelle addormentate ciò che è successo: l’amore di Faust ed Elena, la nascita di Euphorion eccetera fino a che Euphorion appare, suonando e tutto il seguito diventa un “melodramma”, opera in musica (Goethe pensava a Meyerbeer e Rossini) gli attori venivano sostituiti da cantanti e la storia finiva proprio come un’opera con orchestra, coro e solisti. Dopo di che la musica finiva e tutto doveva ritornare “teatro” parlato. Così l’addio di Elena e la chiusura di Mefistofele.
Io ho tentato di fare così: Mefistofele/Phorkyas racconta al pubblico dopo l’intervallo della I giornata (il giorno dopo) cosa è successo, e solo l’ultima battuta di Euphorion è cantata in scena da una voce invisibile: lass mich im düstern Reich,
Mutter, mich nich allein!
e il coro: Icaro! Icaro! Dolore
tremendo (Ikarus! Ikarus
Jammer genug!
(si potranno sentire, musicalmente, voci corali rispondere alla parola Icaro! Icaro! Il nome Euphorion Euphorion! e l’eco, quasi parlato, di “Byron-Byron”). È tutto da provare.
Per fare questo avrei immaginato che, entrato il pubblico, nel buio, rapidamente viene chiuso il cerchio del teatro, nel fondo, con gli stessi gradoni della platea. Là, nel buio, si siede Mefistofele/Phorkyas vestito da Phorkyas ma con la veste sollevata un poco che lascia vedere i suoi calzoni da Mefistofele, la “maschera tragica” in mano o posata accanto, quindi a testa nuda. All’inizio, nel silenzio e nel buio si sente ridere Mefistofele. Un proiettore forte si accende e lo cerca come lo aveva cercato già nel Prologo al Palazzo dell’Imperatore quando entrava con Faust e le maschere. Il proiettore lo scopre al suo posto dopo aver corso sugli spettatori e si ferma. Nel cerchio di luce, Mefistofele/Phorkyas incomincia il racconto: “Dunque, ascoltate cosa nel frattempo è successo (sono parole di Goethe e del testo originale, solo rivolte al coro addormentato e non agli spettatori ai quali si rivolgerà più tardi). In certi momenti si infila la maschera ed assume il tono di Phorkyas, in altri senza, parla come Mefistofele.
Durante tutto questo io immagino la scena, il teatro vuoto e forse o certo, solo le ombre di Faust ed Elena abbracciati, quasi invisibili al centro, immobili in un bacio senza fine. Alla fine scoppia l’orchestra e il coro e la scena si apre (cioè si apre il solito sipario) su un cielo tragico al tramonto, un sole sta sparendo (immagine simbolica di Euphorion) in un trionfo di nuvole (prologo) ma diverse. Come diverse non so. O una sola nuvola che poi inghiottirà Elena nuda?
Le due figure di Faust ed Elena ricevono vita e luce di riflesso, esprimono un immenso dolore. Il coro canta. Euphorion (la voce) chiama, Elena dolorosamente dice addio a Faust ed alla vita: “Persephoneia nim den Knaben auf un mich! – si stacca dall’abbraccio lasciando un lembo della sua meravigliosa veste bianca/sole nelle mani di Faust e corre. Mentre si allontana la sua veste “si sfa” e diventa a poco a poco una lunga striscia di velo con Faust che ne tiene un capo. Fino a che cade l’ultimo strato e per un attimo Elena, nuda, divinamente nuda, in un lampo di sole sparisce. Faust raccoglie a sé la stoffa che fu la veste di Elena. Raccogliendola a terra essa diventa una specie di soffice Nuvola/Elena nella quale Faust si perde, con il viso le mani e la bocca. Intanto Mefistofele/Phorkyas si sta tirando via i coturni, la veste tragica, ha la maschera in mano. È di nuovo un Mefistofele/ attore che si sta cambiando e dice a Faust “dai, andiamo via... tientela stretta quella roba... è pur sempre roba divina. Noi due ci rivedremo presto. Ma molto lontano di qui. Esce. Faust sprofonda nella nuvola vestito di Elena, forse può esserne addirittura nascosto, avvolto dentro. Bisogna vedere e provare. Scende il buio su Valpurga classica e sul sogno di Elena per Faust.
Il sipario solito si chiude, luce di cambio, entrano due leggii o un leggio solo, in una certa posizione da stabilire. Nella seconda parte dovremmo avere due letture
            1)            Le Madri
            2)            Alta montagna
Ciò anche per mantenere una certa unità dell’oratorio profano. Ed entra Faust solo. Medita davanti al leggìo. È il punto di passaggio più alto al nuovo che aspetta la sua storia. Chiude Elena, ricorda Margherita la parte migliore di sé. Qui apparirebbero gli stivali delle sette leghe e poi Mefistofele. Mi pare che l’idea di Goethe sia quella di compiere una rottura clamorosa, un arrivo straordinario, da favola per bambini, in contrasto con il tono lirico estremo di Faust. Ovviamente è impossibile pensare agli stivali delle sette leghe. Ma forse sarebbe da tentare qualche altra cosa di straordinario, di non favolistico ma terrificante. Un rombo terribile di una motocicletta, una Kawasaki o Suzuki o Yamaha che si avvicina dietro il sipario. Il sipario si apre non del tutto (come nella scena dei Cavalli Magici della prima parte) e si vede una mostruosa macchina, lucente con tutti gli specchietti, accessori, fari, radio antenne, fumo che sembra correre verso il pubblico e sopra una figura altrettanto mostruosa con casco spaventoso rosso, guanti giubbotto metallico e fosforescente. Un lampo di terrore quotidiano di un inferno di Tokyo! SIlenzio. La figura scende, si leva il casco, i guanti, il giubbotto, esce dal sipario mentre la macchina si gira su se stessa da sola, incomincia a muoversi sempre più veloce nel fumo e nel rumore. Il sipario si chiude. Mefistofele parla con Faust: 1) Das heiss ich endlich vorgeschritten!
È il Mefistofele di sempre. È il Faust di sempre. Come nella prima parte nella Studio 1 e 2.
Ad un certo punto però, si sente una marcia di guerra che si avvicina, e si passa alle scene sulla guerra e dell’arrivo dell’imperatore con seguito. Si portano via i leggii, si riapre il sipario: c’è il cielo vuoto. Faust e Mefistofele, Drei Gewaltigen si sono “ritirati”.
Entra l’imperatore. Io qui penso che bisogna sospendere al centro del teatro le figure di “spettatori con cannochiali che guardano dall’alto il massacro della guerra”. Si potrebbe far entrare “soldati che portano una cesta per uno Zeppelin da guerra” (il Quartier Generale dell’imperatore!) e dalla spirale scendono le corde per sollevarli. L’imperatore, il generale e due ufficiali entrano e lentamente vengono portati nell’aria, al centro senza toccare mai la spirale. Guardano con i binocoli da su, il teatro e gli avvenimenti. In modo diverso Faust e Mefistofele dopo esseri presentati con i Drei, salgono anche loro ma nel teatro. Spariscono cioè e riappaiono davanti alla cabina luci, I Balconata, è uscito verso la sala, dal cemento, un dente di metallo, una piattaforma meccanica (?) che serve per portare, in avanti, nel pubblico, Faust e Mefistofele durante le battaglie.
Queste le posizioni. Poi le Battaglie. Problema tentato, non risolto. Troppo poco tempo, nessun aiuto. Comunque la mia idea sarebbe questa. Con battute di Mefistofele che esaltano la guerra come “meravigliosa cosa”, che ride, che gode, che stimola, che urla anche in megafono meccanico i suoi versi di gioia satanica sul massacro, avvengono tre/quattro “Rufzuge” (rounds) di massacro.
La tecnica è sempre la stessa. Un gruppo A (imperatore) assalta un gruppo B (antiimperatore). Il gruppo A uccide tutti del gruppo B. La seconda volta il gruppo B uccide il gruppo A. La terza (se sono solo tre) muoiono tutti, uccidendosi reciprocamente. Se sono quattro, la terza battaglia sarà fatta nell’acqua, con proiezioni di onde e fiumi che invaderanno tutta la sala (magie di Mefistofele). Sul fondo appariranno ad un certo momento due elicotteri (i corvi neri che comunicheranno con il walky-talky con Mefistofele). All’ultima battaglia, l’ultima Balconata diventa: Sala di Comando e Controllo tipo Cap Canaveral con televisori, istrumenti, radars, eccetera... in movimento e suono e la spirale viene violentata e diventa schermo di immagini di simulazione di guerre, anche stellari.
La prima battaglia è fatta da soldati vestiti con armature 1600.
La seconda battaglia avviene in un certo 1800, con fucili e baionette, la terza (se c’è) con tute da sommozzatore e maschere e pugnali. L’ultima (la quarta) oggi e domani, mitragliatori, bombe, mortai, armi, laser, raggio della morte, scoppi atomici e idrogeno nel fondo che si confondono sempre più veloci.
Finita la guerra al grido: Vittoria, Vittoria, si fa buio. Viene calata rapidamente la cesta? Portata via. Scende il sipario di Opera del Palazzo dell’Imperatore, con lo stesso trono, la stessa gente vestita come prima, tutto insomma uguale. L’unica differenza è che l’Imperatore dà una corona di principe ai ministri, dopo aver detto che tutto sarà cambiato. Non è cambiato e cambierà mai niente. Solo alla fine, non si balla più il valzer e all’imperatore gli portano via il trono dal sedere e resta come nudo senza niente, scuotendo la testa: “se va avanti così finisce che mi vendo sottocosto tutto il mio Impero!”
Il problema delle “battaglie” è un fatto tecnico mimico e di costume più che di scenografia. Ma resta il fatto che dopo ogni battaglia, deve farsi un grande silenzio, un’atmosfera buia ed i morti restano per terra. I vivi sono usciti gridando. Adesso, ogni volta, i morti devono sparire per poi, evidentemente, ritornare vivi e con altro costume per la prossima. Penso che ogni volta si apre implacabile la trappe ed i morti vengono trascinati nel buco della morte, nero. La Trappe si chiude per la battaglia successiva. Poi si riapre, inghiotte i cadaveri e si chiude e così via. Ma i “morti” non possono “andare nelle Trappe, devono essere trascinati, buttati dentro. Come e da chi?”
Ho tentato di immaginare una fila di “robots” cioè di uomini-meccanici funebri, tecnologici, con luci in movimento che si avanzano ogni volta e spingono senza accorgersi i morti nel buco. Ma l’esperimento per ora non è riuscito.
A Salisburgo, nel “Gioco dei Potenti” ho usato lo stesso metodo ed i morti venivano “spazzati via” da un certo numero di “Helfer” neri che con dei drappi neri passavano sui cadaveri e simbolicamente li pulivano via. Era uno spettacolo molto tragico. A Vienna, ho usato un solo enorme telo bianco che scendeva dall’alto e veniva portato sopra i cadaveri e li trascinava via, per poi risalire. Anche questo ero un effetto molto concreto. Qui non so più bene. Bisogna trovare una cosa semplice, facile, chiara e simbolica per “portare via” quelli che sono caduti, come sempre, pezzi di carne che non servono più. Forse, si potrebbero usare alcune macchine di oggi quelle per spazzare e pulire i pavimenti negli aeroporti e nelle banche. Piccole automobili, con spazzole, guidate da ombre nere (tre possono bastare che letteralmente puliscono il palcoscenico di tutto, morti e polvere. Devo provarlo. Comunque rifletti, ti prego su questo “gestus” importantissimo. Ci sono molti mezzi da pensare e trovare. Ho bisogno di aiuto e di stimoli.
Filemone e Bauci: nel buio si apre il sipario, tutto via e sulla scena c’è in una meravigliosa luce di tramonto dorato (uno dei tanti tramonti dorati di Goethe “vergoldene”) i due tigli, bellissimi, teneri, ricchi e poetici. la sabbia al suolo bianca, il cielo un sogno impossibile. Esistono ancora, queste cose, dopo quello che abbiamo visto? La spirale è morbida, rosata, alto il silenzio. Forse gabbiani lontano. Estrema liricità ed estrema pace. Là, su quella scena, nel teatro, si svolge la scena dello Straniero. Filemone Bauci. non c’è bisogno di capanna, solo la campana attaccata al ramo di un tiglio. Non c’è niente, solo la natura e il sole e il cielo e la sabbia e due vecchissimi e Faust (travestito da Straniero) con i rimorsi, che viene a spirare. Tale è la realtà. Ma non la si potrà fare perché Faust “centenario” appare subito dopo, e non c’è il tempo. Unica soluzione: dopo Filemone e Bauci, un intervallo. Impossibile anch’esso, perché ingiustificato e poi la campana della scena dei tigli, risuona nelle orecchie di Faust vecchissimo. Subito nella prima scena del Palazzo lo straniero dovrà essere fatto da un attore.
Il problema in questo caso, Joseph, è completamente spostato. È diventato ovviamente facile. Perché è dentro la scena e c’è tutto il tempo per prepararla. Il problema è che essa diviene un poco allontanata. Ma forse è giusto. È un sogno/realtà, impossibile in questo mondo. Bisognava, forse, proprio vederlo così come una “réclame” di Coca-cola con Baci e le palme e, Dio mi perdoni, per avere usato questo scurrile paragone. Evidentemente sono degenerato, ormai, anch’io.
Resta il problema: dove è “la costruzione delle dighe”? Dov’è il tecnologico che ha lasciato questo unico spazio ancora vivo?
Proposta: durante il buio cambio, si sentono rumori meccanici, entrano nella platea due piccoli camions per sollevare la terra gialli o neri che scoppiettano e intorno (dove?) dalle balconate, in quinta escono braccia tecnologiche, bracci di gru, di macchine di costruzione. Per terra traccia di pneumatici, terra devastata, eccetera.... Come in Koudelka.
Quando appare il “paradiso” esso è paradiso, ma intorno e davanti ci sono tutti gli strumenti e i segnali della morte del “paradiso” inevitabile. È un’idea. Ti prego pensaci su. Fammi delle proposte anche totalmente diverse ma nello spirito poetico e critico che ti ho descritto.
È per me questo un punto capitale.
palazzo: (Palast) Questa scena “unica” è fondamentale e deve esere pronta subito. Io devo poter incominciare a provare con un facsimile di scena, subito. È un atto tutto sotto la mia responsabilità di attore. Devo provarlo e riprovarlo e correggerlo senza pietà. Ma se non ho il punto d’appoggio, un minimo di realtà e atmosfera, non posso fare niente. Sostanzialmente, come attore che agisce, mi occorre poco. Ma quel poco deve strutturarsi con il resto in un “luogo”. Qui, la foto di Koudalka quello che abbiamo schizzato in casa mia (in cucina) sono tutte idee possibili. Ma esistono alcune necessità, soprattutto punti di appoggio.
Come esempio ti racconto uno svolgimento del Palazzo riducendolo a un praticabile (vedi disegno a). Ovviamente non può essere questo. Ma a me serve un “oggetto scenico usabile” pressappoco di questo genere. Naturalmente esso deve, insieme al resto, dare l’idea del palazzo del Dittatore (l’Ultimo Hitler del Mondo!) del Lager, del cantiere in costruzione, delle dighe che avanzano, del mare che viene vinto eccetera.
Tutto il resto è optisch e atmosferico.
Dunque I) Zier Garte, grosser gradgefuhrte Kanal
Faust è solo. Ha cento anni. Porta una veste nera (quella di sempre ma diventata stretta stretta. Lui è sottile, tutto vestito di nero con maniche strette, piccole mani d’avorio. Stringe un bastone di ebano forte e sottile. Ha una testa enorme di capelli bianchissimi. Un viso folle un poco da Doktor Mabuse, da Metropolis.
C’è una scala per salire là dietro, un piano di arrivo abbastanza ampio.
Questo “palazzo” deve però avere una certa importanza, potenza non ricchezza (vedi Koudelka) piuttosto cemento armato, costruzione potente e cattiva.
Faust sale da dietro e monologa. Sente la campana di Filemone e Bauci si chiude le orecchie, stringe le labbra, grida rauco. È un vecchio solo, quasi isterico, perduto. Intorno il “cantiere”. Lontano forse un poco di cielo verso sera, bellissimo ma violentato da muri, dighe non finite. Non so bene. Ci possono essere anche oggetti meccanici intorno, in contrasto con l’elemento Palazzo. Faust è sul ripiano, domina la scena, picchia con il bastone, grida la sua rabbia. Arrivano dal basso Mefistofele e i tre gewattger vestiti da pirati, portano, come i pirati, casse, bauletti, roba rubata che gettano a terra. Da un forziere escono e rotolano sul legno oro, monete, perle, diamanti. Faust li colpisce col bastoncino. Non gli importa niente. Vuole i tigli. Si devono far portare via i vecchi. Mefistofele e i tre escono.
Appena usciti la campana d’argento di Filemone risuona di nuovo. Faust con un grido non vuole sentirla. Si ranicchia ai piedi della scala come un pazzo, tenendosi la testa tra le mani.
C’è qui e dopo il problema Linceo. Io non vedo altro modo che farlo stare sul penultimo Balcone, sulla curva delle scale. Non so come è vestito e come parla. Dovrebbe parlare e cantare. Ma il tono? Il modo? Per ora: niente. Credo che deve essere in una posizione eccentrica, nel teatro più che nella scena.
Notte profonda (tiefe Nacht)
Faust è sparito. Linceo parla, canta, grida, vede l’incendio che finisce in un alto lamento musicale. Io non farei “vedere” nulla dell’incendio. Forse la luce può avere qualche riflesso di fuoco, forse si può far salire volute di fumo portate dal vento gialle e nere. Non so.
Faust sente Linceo e corre, sulle scale fino al ripiano e parla da lassù. Linceo è molto più in alto. Ritornano Mefistofele e i tre. Faust corre giù dalla scala. Viene a conoscenza del delitto e cade a terra, paralizzato. Gli muore la parte sinistra, quella del cuore. Rimasto solo, si rialza penosamente, dovrebbe trascinare una parte del corpo, gamba e braccia e parlare, entro certi limiti, con mezza bocca paralizzata. Scende poi la scala e dietro sparisce trascinandosi come un insetto schiacciato.
Luce profonda, notte ma strana, grigia, nebbiosa. Le quattro donne entrano da sotto e parlano in cerchio. Sono nere. Ma l’Angoscia si vedrà poco che è “Faust”, un altro Faust con la stessa testa ma con voce di donna, quando è rimasta sola nell’ombra, assalta Faust, che è sul ripiano del “palazzo”, da dietro. Gli salta addosso come un vampiro e si avvinghia. Faust cade e tutte due le figure rotolano per la scala. La scena con l’angoscia è una lotta erotica con figurazioni molto forti di due Faust. Faust e il suo cancro. Il suo “se stesso” d’Angoscia. Alla fine, Faust si libera dell’altro Faust Angoscia/donna (Lazzarini) e questa lo acceca soffiandogli in viso. L’azione avviene in basso. L’ombra sparisce, correndo sulla scala e scendendo da dietro. Faust è cieco e cerca di salire con gli occhi spalancati ma cieco, la scala, aiutandosi col bastone. Dice, sul ripiano, il suo monologo fissando il vuoto e immaginandosi il futuro. Qui, in questa scena, ci deve essere, ai piedi della scala, un quadrato di terra. Dunque, la scala deve partire dal limite della trappe. La trappe è chiusa ma quando in questo quadro si apre appare un quadrato di terra bruna. È lì che sarà scavata la fossa di Faust dai Lemuri. Ma Faust in alto sul ripiano non lo sa. Cieco, guarda il vuoto, e il sangue di altri, comandati da “uno solo”, Lui!
L’atto è tutto una contraddizione di Faust. Faust esce vittorioso dall’assalto dell’Angoscia e sembra che abbia capito cosa significa essere uomo. Sembra che abbia conquistato bontà, saggezza, calma e amore. Ma subito dopo, grida di nuovo ordini di lavoro, rinasce il suo schiavismo satanico, il suo “Streben” che può essere anche violenza e tortura di altri!
L’azione dello scavare la fossa è simbolica, è un atto di distruzione/costruzione. Faust sente “i rumori” delle pale che scavano e crede che siano rumori di gente che prepara e scava per il futuro. Invece chi scava sono “i Lemuri”, cioè i “Non uomini” o “Sotto-uomini, gli schiavi che sono forzati a lavorare per il benessere la felicità di altri, per generazioni future, per ricostruire un’Arcadia perduta...
La scena del “Lager” nazista, il lavoro “totalmente alienato”. C’è dentro il concetto di lavoro come scavo di fondazione o scavo di distruzione: la fossa della morte.
Nello spettacolo, tutto dovrebbe fondersi in una sola immagine potente e semplice, un’azione evocativa e complessa che va dal lavoro dei deportati a quello delle macchine che sradicano e violentano la terra (Amazzonia per esempio: assassinio della Madre Terra!) e tutto in modo limpido e poetico. I rumori delle “pale” possono unirsi con quello dei motori di piccole scavatrici meccaniche guidate da schiavi e quello dei martelli pneumatici che risuonano sul legno/terra della platea e del teatro, davanti alla gente. E tutto per fare uno solo, piccolo “buco” tomba per un solo uomo. Certo, quale uomo! Un uomo che grida la sua felicità per il futuro, che immagina visioni paradisiache rimandate al domani, sempre al domani, dimentico del male di oggi e del “prezzo” che tali visioni costano all’umanità. Totalmente cieco e nello stesso tempo veggente folle. E suona, da qualche parte, una miserabile orchestrina, musica di fisarmonica, violino, trombone tristissimo, forse musica di ballo: Rosamunda, tango, inno alla gioia della Nona ma suonata con un tempo lentissimo, straziante, per “tenere allegri” i Lemuri al lavoro!
Poi, improvvisamente, Faust cade folgorato. Si spezza il bastoncino nero del suo comando, precipita giù dai gradini, indegnamente, e sparisce a testa all’ingiù, nel buco. Tutto ora si fa silenzio. Ogni movimento cessa. Cadono le sfere del tempo. È passato. Una campana mitica batte a morto.
Il problema dunque del “cantiere” delle dighe in costruzione si potrebbe risolvere con immagini meccaniche nel fondo e ai lati che sempre più invadono la scena. Oppure no, restano ferme come all’inizio. Forse una scavatrice corre in circolo, intorno al buco e al praticabile scala e basi Luce di altro mondo. Tutto nero e blu profondissimo con nebbia, i caschi dei “lemuri” come “minatori dell’invisibile”, i fari della scavatrice.
Un Inferno costruito per “costruire” il futuro!
A questo Goethe era arrivato. È certo così.
Questo, caro Joseph deve essere il quinto atto. E lasciamo le “Gole montane” al futuro. Per ora nulla so. Se non come ti dicevo che alla fin fine la spirale scende ed accoglie quello che è rimasto di Faust, immagine nuda, dell’Uomo Nudo e Solo nel Cosmo che lo avvolge e lo annienta per farne parte nel Grande Tutto.
Mio caro amico, lascia che ti abbracci con vecchio e tenero affetto. E ti dico che sono sicuro che faremo insieme un Faust II (quel poco o tanto che c’è) memorabile. Ma, ti ripeto, devi aiutarmi molto. A presto un forte abbraccio. Ovviamente mi puoi, mi devi telefonare quando vuoi. Un altro abbraccio.
Giorgio
 
 
 

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